Il senso dei PON per lo Spirito Santo
Si concludono oggi pomeriggio, a Cosenza dalle 17.00 in poi,
il corso di alfabetizzazione digitale, a cura di Antonio Cristiano, con annesso
laboratorio popolare di scrittura anticreativa e Giornalismo 2.0, per le cure
di Giuliano Santoro, PON organizzati dall'Istituto comprensivo dello Spirito Santo,
la bella scuola dall'architettura fascista nei pressi del Crati.
Giusto l'assunto di Nerina Garofalo, calabrese trapiantata
a Roma, per molti anni conduttrice di un laboratorio "antiletterario"
di scrittura biografica: non si diventa scrittori o giornalisti lì dentro (NdR:
anche qualora lo Spirito Santo si
manifestasse al 40,81 %), ma scrittura e telematica possono "abilitare una
risorsa interna, la narrazione, e scoprirne le forme che assume dentro e fuori
di noi". Stefano Bartezzaghi ce la racconta in modo più compiuto:
"possiamo trasformare in un buon testo ciò che abbiamo in testa ma nessuno
può trasmetterci la capacità di inventare qualcosa di nuovo ... la scrittura
creativa è un'etichetta ingannevole,( ...) , trovata per nominare in modo più seducente
quelli che non sono altro che corsi di retorica contemporanea. Peraltro la
retorica antica, tuttora ampiamente in vigore, identificava saggiamente l'atto
preliminare alla scrittura nella cosiddetta inventio, che non è l'invenzione
romantica (che sconfina nella creazione) ma il rinvenimento di temi e degli
argomenti nella propria mente e nella propria memoria" (L'Elmo di Don
Chisciotte. Contro la mitologia della Creatività, Laterza, 2009). "La vera
mitologia della creatività si innesta su usi della parola (e dell'area
concettuale) di tipo non strettamente artistico o non pienamente artistico. Gli
ambiti a cui la creatività è stata associata più di frequente, e quasi per
antonomasia (fino a qualificare i rispettivi addetti come 'creativi' e le sue produzioni
come 'creazioni) sono la pubblicità e la moda prêt-à-porter. (...) Sembrerebbe
di poter dire che i creativi arrivano quando i creatori se ne sono andati (Il
falò delle novità. La creatività al tempo dei cellulari intelligenti, Utet,
2013).
La proposta conclusiva è di chiamare gli amici - in un
tranquillo sabato italiano - a testimoniare scritture, teorie e prassi
anti-creative. Cooptando Paolo Guzzanti, il più che vivace autore di
"mignottocrazia", Tonino Napoli (già patron di "Pantagruel",
oggi - con Silvana e Cadore - animatore di "Siamo Fritti") e Eugenio
Muzzillo di Timpamara, della cantina Terre del Gufo. In un corale elogio del
rigore e delle regole.
Raymond Queneau, in anni lontani, constatava quanto fossimo
schiavi di leggi che ignoriamo. “Il classico che scrive la sua tragedia
osservando un certo numero di regole che conosce è più libero del poeta che
scrive quel che gli passa per la testa ed è schiavo di altre regole che
ignora”. Abbasso dunque la comunicazione e la creatività, la sopravvalutazione
delle quali ci ha consegnato l'attuale gastro-televisione e un interminabile e
indigesto banchetto berlusconiano. "Spezzare le reni ai creativi"
vuol dire metter fine alla supposizione che battutisti e barzellettieri,
bugiardi e raccontapalle senza vergogna, siano "bravi comunicatori".
Un dispositivo perverso, alimentato anche da noti opinion makers (tra cui
autorevoli semiologi e filosofi del linguaggio), già pronto a consacrare lo
straordinario et straripante et testardo et volitivo Renzuccio. Liberissimi di
"bucare lo schermo", la buona comunicazione non prescinde dall'etica
e dalla logica.
A margine o - se
preferiamo - nell'interlinea, un'adunanza delle forze in campo extra-moenia.
Fuori delle mura, fuori della cittadella
universitaria, delle logiche dell'universitarismo e dell'accademismo, che hanno
dato il colpo di grazia a una bella città già - da troppo tempo - culturalmente
decadente.
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