Tanti blog, troppi blog








Dio non ha unità, come potrei averla io? 


E vabbe', faccio il blogger.

Ne mando avanti - piuttosto male - una settantina. Li passiamo in rassegna?

Eccoli.



cordara (la liquirizia calabrese)
laboratorio popolare di scrittura anti-creativa (già parzialmente dedicato a EMMEVUBI)
bugiadri & fascio-leghisti
l'ira della calabria
il garantito
Casa e putìga
ti ricordi di ora esatta?
practical politics
the walking gallery
Cercasi Relatore.
il Martello delle Streghe
Dexter e Sant'Anselmo
failafila
économie du langage
Prendere il sangue.
cantine renziane
la strega (dedicato all'omonima pizzeria di Cosenza)
La sécurité avant tout
Spargisale (dedicato a Giorgio Massacra) 
raccontami la guerra
used & confused
The Martian Chronicles
Stefano Ascente architetture
parte di te
Le malelingue
repliche
misicca
chiudere in bellezza
Linguaggi Pubblicitari
La parola socialista
Attiva Rende
Postreet
Turismo e legislazione turistica
Posare per Proust
metateca
cosa accadde domani?
Laboratorio di Lingua Francese
one book show
Poco e male
diamo un segno
Metafisica la tua posa (già dedicato a Luigi Cipparrone)
voglio un orso
scasciu meu (già parzialmente dedicato a EMMEVUBI)
Post-street
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Slega la Calabria
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Quasi cento
difficilealfabeto
Fuori classe (alla lettera)
Ceci n'est pas un cours
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Cronache delle Calabrie
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D'ailleurs, Marina
20/venti
Docenti Oggi
Aria Rossa
abbassareilvolume
lituraterra (già completamente dedicato a EMMEVUBI)
scuola in vista
B-Book Festival Cosenza







Sullo splitting dei blog

di Massimo Celani

La poesia di Edmond Jabès della distanza è l'apoteosi. Per più motivi. Per più ingredienti. L'erranza, i rabbini, il libro, il deserto, il vento. Nella sua scrittura - come nella psicanalisi più riuscita - è riconoscibile “la sola testimonianza di che cosa sia cercare, nella prossimità, la traccia di se stessi, cercare, nella prossimità, la più grande distanza” (Ettore Perrella, Il tempo etico, p.16).

“Una pagina bianca è un formicolio di passi sul punto di ritrovare le loro orme...Dov'e il cammino? Un cammino è sempre da trovare. Un foglio bianco è pieno di cammini...(Jabès, Il libro delle interrogazioni).

Vento e sapere. Connessione splendidamente colta in un passaggio sulla 'bora' da Italo Svevo, che - a posteriori - possiamo considerare il miglior commento all'opera jabesiana. “...Si ha il torto di considerarla come una cosa sola mentre si compone di migliaia di soffi che i naturalisti sanno poiché coincidono in tempo e spazio ma dei quali, garantisco, uno non sa dell'altro. (...) Chi prenderebbero in giro? Se non conoscono nessuno, quei nomadi, non conoscendosi neppure tra di loro?”.

Ma cosa cavolo è lo splitting? Sentiamo Treccani (mi fido anche di uno solo, figuriamci quando sono tre!). 

splitting
splìtiṅ〉 s. ingl. [der. di (tosplit «dividere, frazionare»], usato in ital. al masch. – 1. Nella tecnologia del petrolio, operazione di distillazione attuata per ottenere componenti puri oppure frazioni petrolifere a intervallo di ebollizione molto stretto. 2. In spettroscopia, e in generale in fisica, la separazione o la risoluzione di un multipletto nei suoi componenti. 3. fig. Nel linguaggio tributario, la divisione di una imposta sul reddito fra più soggetti, in partic. fra coniugi, allo scopo di ridurre le aliquote fiscali. 4. In psicopatologia, meccanismo di difesa in base al quale una struttura mentale perde la sua integrità ed è sostituita da due o più strutture parziali; in tale situazione solo una delle parti viene vissuta come sé, mentre l’altra va a costituire una parte staccata, inconscia: si istituisce così in generale una difesa schizofrenica, per cui parti del sé e degli oggetti interni vengono rifiutate e attribuite all’ambiente. Il termine può anche essere sinonimo di dissociazione (della personalità) e può essere usato per descrivere l’Io nelle perversioni sessuali (per es., feticismo).

E se i venti boreali non si conoscono neppure tra loro, analoga supposizione è valida per i rabbini immaginari di Jabès e per il bagaglio di persone di Pessoa. Intersoggettualità come intertestualità. Testi co-esistenti e contemporaneamente votati alla reciproca in-conoscenza.
L'eteronimia (di Pessoa) non è altro - sostiene Tabucchi - che la vistosa traduzione in letteratura di tutti quegli uomini che un uomo intelligente e lucido sospetta di essere. Questione di cui Orson Welles mostrava grande e ironica consapevolezza. “Signore e signori... produco lavori teatrali a Broadway. ne curo anche la regia. Sono attore di teatro. Scrivo, dirigo e recito in alcune trasmissioni radiofoniche. Suono il violino e il piano. Dipingo, disegno e pubblico libri. Sono romanziere e anche un mago. Non è notevole che io sia così tante persone e voi tanto poche?".
E prim'ancora di Welles, è il genio illuminante di Novalis: “Il genio è una persona veramente sintetica...ogni persona si suddivide in più persone e la vera analisi della persona produce solo persone”.
Un enunciato - quest'ultimo - strutturato alla maniera di Sraffa: produzione di persone a mezzo di persone.
I1 vento indica in qualche modo il tragitto delle parole, cerca di dire qualcosa su come siano orientate, da dove vengano, cosa portino seco. La congerie, la panoplia di venti boreali di Svevo, lo splitting jabesiano dei mille rabbini immaginari, le cento personalità di Pessoa (“il baule pieno di gente” - come evidenziava giustamente Tabucchi), il multiforme ingegno di Welles, e anche i personaggi pirandelliani, non sono forse la stessa cosa? Rappresentanti del clivaggio, dello sfaldamento del soggetto, in particolare del soggetto della scrittura. “Sii plurale come l'universo” esortava Pessoa. “Credevo di essere di più” annota Lautrèamont, per il quale l'infinità dell'io è, più che un punto di partenza, una conquista violenta e obbligata al fine di sottrarsi alla condizione di angustia e di limite.

E intanto?


E intanto, c'ami fa' ?!

Lo diceva Zia Rosina, filosofa di strada e storica custode della Bbaligia (e poi di Ascente Arredamenti e di Lacosa, a Sant'Antonio dell'Orto), a metà tra interrogazione e esclamazione. 

Intanto, per parafrasare una celebre massima, attribuita a John Lennon, è lo pseudonimo che usa la vita per passare inosservata, mentre siamo intenti a fare altro. È dunque ciò su cui, in presa diretta, non posiamo lo sguardo, è la vita parallela, di altri o persino nostra, intanto che ne viviamo un’altra; è una dimensione dello spazio, del tempo e, vorrei dire, dell’anima, che da il titolo all’ultimo godibilissimo libro di Paolo Jedlowski (Intanto, Mesogea, 2020). 

Un esperimento narrativo di autobiografia sociologica, che insegue l’ambizione di raccontare non solo di sé e delle vite di chi, in quei luoghi, in quei anni, in quei snodi della vita, si riconosce, ma anche quelle di quanti, pur attraversando la stessa epoca e vivendo negli stessi posti, hanno vissuto qualcosa di profondamente diverso da quello del narratore.

... intanto è “una parola magica: esprime il senso della contemporaneità ma contribuisce anche a crearlo”, facendo leva su un interesse emotivamente partecipato: “intanto c’è quando ti preoccupi di cosa starà facendo tuo figlio quando non lo vedi. Di come sta tua madre quando è sola”. 

Intanto che aspetta, (...) intanto è anche “ciò che mettiamo sotto al letto”, è il mondo interiore della negazione e della rimozione, è la zona d’ombra della nostra psiche che pensiamo di aver seppellito ma che intanto c’è e, magari quando meno vorremo o, più auspicabilmente, quando saremo pronti ad accoglierla, busserà alla porta della nostra coscienza per rivendicare piena cittadinanza. 


*Moreno Montanari è analista filosofo e socio fondatore di Sabof (società degli analisti biografici a orientamento filosofico)


Paolo Jedlowski, Intanto, la vita

Moreno Montanari, in DOPPIOZERO, 8 Luglio 2020

Intanto, Mesogea, Messina, 2020, pp. 154, euro 13


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