Calligrafia: architettura leggera
Prova di
carattere
di Massimo Celani
"la calligrafia
è una architettura leggera"
(in ricordo di
Eugenio Anselmo e di Demetrio Bruno)
Giovanni Battista Palatino, nato a Rossano Calabro
nel 1515 (?), letterato, copista e soprattutto calligrafo. Il “calligrafo dei
calligrafi”, come lo definirono i suoi contemporanei. Un sintetizzatore di
stili, molto presente a Stanley Morison (l’inventore del Times New Roman) che
lo definì il teorico della cancelleresca. Oggi diremmo type-writer o
type-designer. Ma che mestiere è?
A chiunque capiti di scrivere un testo con un
programma di video scrittura realizza ciò che la macchina da scrivere, col suo
monotype, occultava: esiste un ventaglio di caratteri, di fonts, con le grazie
o senza (si pensi ad esempio a Gill Sans, che sta per Sans Serif, vale a dire
senza grazie, specifica collegata a Eric Gill uno dei più affermati designer
del secolo scorso), spesso presenti in varie “famiglie”. Che alle canoniche
opzioni tondo, corsivo e neretto, aggiungono le versioni light, condensed,
extra e ultra bold.
Qualche cosa in più la sapevano i nostri padri e i
nostri nonni alle prese con gli esercizi di calligrafia, una buona palestra
scolastica purtroppo dimenticata. Loro erano abituati a una scrittura ordinata,
tonda e corsiva, in grado di riconoscere le metafore che individuano le parti
costitutive del disegno dei caratteri: aste, archi, anelli, occhielli, code, ganci,
uncini, bracci, pilastrino (il tratto verticale della G), cravatta (l’asta
orizzontale centrale della E e della F), collo (l’attacco della coda della g al
suo anello). Un calligrafo del Cinquecento sapeva di ciò e disegnava (anche
costruendole geometricamente) le lettere dell’alfabeto. Spianando la strada
alla realizzazione dei punzoni. Vasari definiva ”arti congeneri”, questo
incrocio tra artigianato d’arte e industria artistica. Roba da spionaggio industriale, da insider
trading, soggetta a furti, plagi e spesso teatro di atti criminali.
Giusto per situare, si pensi al romanzo di
successo (che però muove da fatti di cronaca) di Anne Cuneo, Il maestro di
Garamond (Sironi , 2010).
Claude Garamond, calligrafo parigino, è la voce
narrante che muove dal 24 dicembre 1534, giorno in cui viene giustiziato il suo
maestro Antoine Augereau. Letterato, editore umanista, incisore di caratteri
tipografici, accusato di essere l’autore blasfemo di alcuni manifesti contro la
messa cattolica. Giustiziato e subito dopo bruciato su una pira di libri. Un
periodo storico in cui la Grand-Rue Saint-Jacques a Parigi “contava più
tipografi che case private” e che intreccia i segreti della stampa con la
storia delle persecuzioni religiose e con le vite di personaggi come Aldo Manuzio,
Erasmo, Rabelais e Calvino. Come avrebbe detto Barbara Agosti, che purtroppo
non insegna più all’Unical, si tratta di storie esplorabili per molti buoni
motivi, quali quello dell’intreccio della storia della scrittura con l’attività
degli artisti, del “collidere di ragioni espressive e ricerche tecniche”.
Palatino, nato a Rossano ma ben presto emigrato a
Roma all’ombra del mecenatismo del cardinale Alessandro Farnese, fiero del
riconoscimento di “cittadino romano” ottenuto nel 1538, autore di un best seller:
il Libro nuovo d’imparare a scrivere tutte sorte lettere antiche et moderne di
tutte nationi, stampato per la prima volta in Roma da Francesco Cartolari di
Baldassarre, nel 1540. più volte rimaneggiato e ristampato (1540, 1545, 1548,
1550, 1553). Una vita spesa – come avrebbe detto Fra’ Giocondo – a “dar gratia
a la littera et satisfar a l’occhio”. Un mestiere condiviso da Luca Pacioli,
frate e matematico (il suo “Divina Proporzione” è del 1509), Claude Garamond.
Ludovico degli Arrighi, Giambattista Bodoni, Albrecht Dürer e altri.
Il suo manuale sembra essere il più noto e
fortunato trattato di scrittura e modelli calligrafici del Rinascimento.
Grazie alla Princeton University, che ne conserva
alcune edizioni, è interamente sfogliabile al link seguente
http://www.archive.org/stream/librodimgiovamba00pala#page/n3/mode/2up
.
La stessa Princeton University Library, per
riferirsi al suo manuale, parla di “wider audience”, della capacità di attrarre
un pubblico più ampio. Ecco il Libro di M. Giovambattista Palatino cittadino
romano, nel qual s’insegna à scriuer ogni sorte lettera, antica & moderna,
di qualunque natione, con le sue regole, & misure, & essempi : et con
vn breve et vtil discorso de le cifre. Riueduto nuouamente, & corretto dal
proprio autore : con la givnta di qvindici tavole bellissime.
(Stampata in Roma : appresso Campo di Fiore, nelle
case di m. Benedetto Gionta, per Baldassarre di Francesco Cartolari perugino,
il di XII d’agosto 1540) .
Libro che contiene una ricognizione aggiornata
sullo stato dell’arte, in materia di numeri e lettere, numerosi exempla e pure
qualche chicca scripto-visiva quale un sonetto figurato (che oggi chiameremmo
rebus).
Insomma, il suo Libro d’imparare a scrivere (in
altre edizioni definito Libro nuovo …) viene riconosciuto come uno dei
documenti più interessanti nella cultura della comunicazione dell’età moderna.
Da giovane frequentò gli ambienti letterari,
affiliandosi tra l’altro all’Accademia dei Naviganti (notizia che si può
rintracciare nella Storia di Rossano di Alfredo Gradilone). Una volta acquisito
lo status di cittadino romano fu segretario dell’Accademia dello Sdegno, a cui
dedicò il suo Libro, nella quale si annoverano personaggi illustri come Claudio
Tolomei e Francesco Maria Molza. A lui è attribuita l’iscrizione dell’arco
centrale della Porta del Popolo in Roma.
Curiosando qui e là, ho trovato una copia del
libro (l’edizione del 1547, stampata in Campo di Fiori per Antonio Blado
Asolano) battuta di recente da una importante casa d’aste a soli 2.200 euro.
Ho pure notizia di una Banca (la BCC Mediocrati)
che da qualche anno ha eletto il Palatino a lettering ufficiale delle sue
pubblicazioni e delle comunicazioni interne. Un buon segno. Indizio
interessante di chi evidentemente è sensibile al recupero di fonti
storico-artistiche meridionali trascurate, o del tutto ignote, e sa guardare
alla valorizzazione delle espressioni d’arte e di artigianato artistico.
Più in generale, Palatino giace nei nostri
computer con vari nomi e impercettibili variazioni: Zapf Calligraphic 801,
ridisegnato da Hermann Zapf nel 1948, Book Antiqua, che Microsoft introdusse
nel pacchetto Office, Palatino Linotype. Con buona pace di Stanley Morison e di
Times New Roman, il più leggibile a corpo piccolo (favorisce la lettura del
rigo), il carattere Palatino ha proporzioni più ampie, è più bello e ugualmente
leggibile. Provare per credere: una volta selezionato tutto il testo del vostro
prossimo documento si provi a comparare.
Se sopravvive è grazie al restyling di un altro
grandissimo calligrafo, Hermann Zapf, nato a Norimberga e spostatosi a
Francoforte per lavorare – da autodidatta – con Stempel .
Un’altra cerchia, un altro circolo, che lega il
disegnatore di caratteri alla fonderia e alla tipografia, il progetto e la sua realizzazione,
che la nostra politica farebbe bene a prendere a modello.
Qualcuno ricorderà l’editrice bolognese
Baskerville i cui testi erano maniacalmente composti con l’omonimo carattere e
prim’ancora Franco Maria Ricci indissolubilmente legato al lettering di Giovanni
Battista Bodoni.
Poi, per la verità, pregustavo una sorta di
revanchismo, con una sonora mandata affanculo del Times New Roman. Gli
americani in materia la sanno lunga e già alla fine degli anni ’60 David
Ogilvy, il papà della copystrategy, vale a dire la forma pubblicitaria degli
esordi, quella più vicina al giornalismo, citava ricerche percettologiche dove
si glorificava il Times New Roman come il più leggibile a corpo piccolo e il
più veloce in relazione al rigo. Ora, l’opzione Palatino (scelta estetica zeppa
di artigianato artistico nostrano) comporta un font più gradevolmente ciccio,
meno anoressico.
Se aggiungiamo un carattere +12 per facilitare gli
ipovedenti come me e i vecchietti, nostra unica chance di vendita,
oggettivamente si può finire con l’attentare alla giustezza e alla spaziatura. Ben
lontani dagli standard di 9-12 parole per riga, non si poteva che agire sul
numero di colonne.
Basterà confrontare con la leggibilità del
Corriere della Sera (per non parlare di “La Stampa”). Vuol dire che scriveremo meno
ma scriveremo meglio. Per marcare ancora di più la differenza ho poi recuperato
il segno manuale del giovane calligrafo che si era messo sulle mie tracce, oltre
che su quelle di Palatino: Andrea Liserre, coadiuvato da Giuseppe Salviulo. A
loro abbiamo chiesto di disegnare testatine e rubriche, pure consegnando le
quaranta pagine del tabloid: una partizione fatta con lo schermo di George
Kubler, del suo magnifico “La forma del tempo”. E il loro tratto, prima manuale
poi di nuovo vettoriale e digitale, è dunque planato nella bella gabbia del
giornale. Dal menabò al timone, pensando a un palinsesto dove il Palatino
sistemato da Hermann Zapf venisse vivificato dal precursore cancelleresco. Un
segno dei copisti del ‘500 che anticipa ciò che verrà codificato e tramandato
ai posteri.
Definirlo un quotidiano “destrutturato” (aggettivo
piuttosto criptico che giace dimenticato nella gerenza e non avvalorato dalle
pratiche di scrittura) dipende anche da questo, per un gioco d’incroci e di
paradossi temporali, un ”accadde domani” che non ha fatto che anticipare senza
svelare (con la tecnica pubblicitaria chiamata “teaser”), dove il senso si
produce après coup, col senno di poi.
Per ultimo, Cronache voleva forse essere –
velleitariamente - il primo quotidiano in qualche modo, e in più modi,
freudiano. Fa un po’ ridere ma è così. Le soluzioni collegate, la catena invisibile,
i segnali propri e quelli aggiunti, tribù corti e città, etc. sono tutte chiavi
sovradeterminate dallo stile freudiano, centrato sulla connessione, sull’elaborazione
trasversale, sul lavoro “attraverso”, che forse oggi diremmo “cross-over” ma che
all’epoca si chiamava “Durcharbeiten” e si traduceva “working through”.
Un invito a scoprire connessioni e tracce che il lavoro intellettuale e la stampa tradizionale mostrano di non sentire e di non vedere.
Si tratta di uno scritto più volte rimaneggiato apparso in prima stesura su calabriaonweb.it
("Civis Romanus Sum. Il calligrafo rossanese Giovanni Battista Palatino")
e poi - il 19 luglio 2016 su Cronache delle Calabrie, diretto da Paolo Guzzanti
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