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  1. Qualche testo di Hilde Domin

    (incubo)
    Devo separarmi da me stessa
    Vengo portata lontano
    da me stessa.
    Tendo le mani
    verso di me,
    ma piego all'angolo
    e mi abbandono, io che vengo portata via
    in tenuta di prigioniero.
    Oltre i quattro angoli ritorna la stessa strada
    per chi piega all'angolo,
    laggiù in fondo
    la stessa strada.
    Ma allora sarei distante,
    portata lontano
    io che tendo le braccia
    verso di me che piego all'angolo.

    "Io che vendo portata via", "io che tendo le braccia",
    questa poesia è piena di Ich, d'io e di me. Sarà pure che è un incubo, ma c'è evidentemente un modo per dire io, un modo felice per difendersi da quella schifezza pronominale, dal più lurido dei pronomi, da quella sporcizia che si annida sotto le unghie. Solo che quest'io è quadrato, consta di quattro angoli e ci costringe a girare in tondo, a piegare all'angolo, a tendere le braccia "verso di me che piego all'angolo" (vedi modello a braccia allungate).
    Altrove scrive citando Confucio:
    Chiamate
    rotondo quel che è rotondo
    angoloso quel che è angoloso.
    Il soggetto è angoloso e la Domin non ama le palle:
    Libertà
    ti voglio
    irruvidire con carta semeriglio
    tu tanto lisciata (...)
    Ti lisciano
    in punta di lingua
    finché diventi rotondissima
    palla
    di tutti i biliardi
    Parola libertà
    ti voglio irruvidita
    infiorata di schegge di vetro
    difficile da avere sulla lingua
    palla del gioco di nessuno.

    Una topologia del genere si rintraccia anche nel secondo Canto d'incoraggiamento:
    A lungo ti inseguirono nel giro di mura
    senza porte della città.
    Fuggi e spargi
    dietro a te
    i nomi sconvolti delle cose.
    Fiducia questo difficile
    alfabeto.

    Sulla fiducia come difficile alfabeto ci soffermeremo più tardi. Intanto annotiamo qualcosa sulla topologia del soggetto Domin, fatta di esilio, labirinto e deserto:
    In "Silence and exile":
    Esilio indelebile
    lo porti con te
    vi scivoli dentro
    labirinto pieghevole
    deserto
    tascabile.



    (fammi una casa)
    ...
    dirigiamoci verso terra
    dove le piccole piante
    tengono ancorata la terra.
    Voglio una terra ferma,
    verde, annodata di radici
    come una stuoia.
    Taglia l'albero,
    prendi le pietre
    e fammi una casa.
    Una piccola casa
    con una parete bianca (...)

    In "Garanti le nubi" si ritrova una topologia simile:

    Ho nostalgia di una terra
    in cui non fui mai,
    dove tutti gli alberi e i fiori
    mi conoscono,
    in cui non vado mai,
    ma dove le nubi
    si ricordano esattamente
    di me
    straniero, che
    non puà sfogarsi piangendo
    in nessuna patria.
    Viaggio
    verso isole senza porto,
    getto le chiavi in mare
    subito, alla partenza.
    Non approdo in alcun luogo.
    (...)
    E di là dall'orizzonte
    dove i grandi uccelli
    al termine del loro volo
    asciugano la ali al sole
    si trova un continente
    in cui devono accogliermi,
    senza passaporto,
    garanti le nubi.
    Ancora vento, nubi e sogni in "I doni del vento":
    L'aria un arcipelago
    d'isole fraganti. (...)
    Vivo come in sogno
    e quasi non so credere
    ai doni del vento.
    Mi catturano
    nuvole di dolcezza (...).
    Cfr H. Daumisch

    Topologia della parola. Dice Domin che
    le parole sono delle melagrane mature,
    cadono a terra e s'aprono.

    L'interno si volge all'esterno,
    il frutto scopre il suo segreto
    mostrando il seme,
    un nuovo segreto.
    In "inarrestabile"
    La propria parola
    chi più la richiama
    la viva
    l'ancor inespressa
    parola?
    (...)
    Meglio un coltello che una parola.
    Un coltello si spunta.
    Un coltello spesso
    manca il cuore.
    Non la parola.
    Alla fine è la parola,
    sempre
    alla fine
    la parola.

    In un'altra brevissima "Lirica" si affaccia la non parola.
    La non parola
    tesa
    tra
    parola e parola.

    Questioni di equilibrio, il lavoro del poeta è molto simile a quello dell'equilibrista.

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