I ciuccioni di Massimo
“Sappiamo
tutti perché parli. Sei il ciuccio di McGlade.”
Ciuccio
era una parola strana. Il compagno dava quel nome a Simon Moonan (…)
Ma la parola suonava male. Una volta Sthephen si era
lavate le mani nel lavabo dell’Albergo Wicklow e poi suo padre aveva alzato il
tappo per la catenella e l’acqua sporca era andata giù per il buco della
vaschetta. E quando era andata giù tutta, lenta, il buco della vaschetta aveva
fatto un suono così: ciuccio. Solo, più forte.
Ricordare
questo e il color bianco del lavabo, gli faceva sentir freddo e poi caldo.
C’erano due rubinetti che si giravano e veniva fuori l’acqua: fredda e calda.
Sentiva freddo e poi un po’ di caldo: e vedeva i nomi stampati sui rubinetti.
Era una cosa molto strana.
Anche
l’aria nel corridoio lo gelava. Era strana e umidiccia. Ma presto avrebbero
acceso il gas e questo bruciando faceva un rumore leggero come una canzoncina.
Sempre la stessa: e quando i compagni nella sala da gioco cessavano di parlare,
si poteva sentirla.
(p.52)
James Joyce, Dedalus. Ritratto dell’artista da
giovane
trad.
it. di Cesare Pavese, Frassinelli, 1944, (1916)
§
Vincenzo Glenn Rovella, analista di scuola lacaniana/bartezzaghiana, si è accorto da tempo che Celani è anagramma di "canile" e che Massimo Celani è anagramma di "si somma il cane".
https://cancancosenza.blogspot.com/
https://onebookshow.blogspot.com/2019/09/nel-nome-del-cane.html
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