I balconi di Mariupol
di Rino Mele
Giovedì 24 marzo 2022
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Mariupol, le immagini dal drone
I morti li hanno messi sui balconi, al freddo /
della notte,/
davanti alle finestre senza vetri, /
dovunque sia il respiro /
del vento a contrastare la putrefazione. /
Basta un'esplosione a /
dilaniare il cuore, il corpo trasformato in tenebra,/
i pensieri svaniti nelle parole. Nel deserto /
di Mariupol i vivi /
sono sottoterra, nei rifugi, /
i morti al vento freddo di una finestra. /
I carrarmati /
sanno di sprofondare /
formano pozzi da cui nessuno risale. /
Una casa con le radici, come di un grande albero, /
è l'Ucraina /
invasa dai Russi giovedì 24 febbraio /
prima dell'alba: si sentono /
le sirene gridare ma non puoi fuggire, /
i palazzi restano nudi /
come chi è morto./
Nel delirio non basta /
afferrare una mano con l'altra, /
torcerla, legarla /
a una corda, trascinarla a una forca, /
tirare il proprio corpo in alto, una sagoma /
che il vento spinge, e addolora. /
Nemmeno i morti /
vanno via da Mariupol, /
i moribondi formano un lungo tormento. La città /
è vuota, non ci sono più strade, le case /
sono colline di macerie, nel guaito doloroso /
i cani corrono /
a occupare lo spazio. Negli scantinati /
s'ammassano cittadini /
senza volto, prigionieri dei rifugi lungo il fiume /
Kal'mius, respirano /
a stento, chiedono ai bambini/
di non piangere, ai vecchi di non morire./
I Russi non occupano la città, /
la cancellano, tra poco sulla pianura del Mare d'Azov /
resterà un cratere. /
Non possono ucciderli tutti, /
dove metterebbero quei corpi, e i canti dei bambini /
in quale silenzio nasconderli? /
La guerra è sempre un disperato genocidio, /
non si combatte per conquistare una città, un villaggio /
ma per farli dimenticare. /
Uno specchio /
è tenuto stretto /
alle nostre spalle, Uxelloduno resta nella memoria;/
nel 52 prima di Cristo /
con una crudele geometrica guerra faticosa,/
Cesare /
rese romana l'intera Gallia, /
un milione di nemici uccisi, un altro milione /
divenuti schiavi. /
Su un monte circondato da un fiume, Uxelloduno /
resisteva. Cesare, devìa /
le sorgenti, li costringe alla resa: poi fa tagliare /
le mani che avevano preso le armi /
contro di lui. /
Ma, di quei soldati /
fatti a pezzi dopo la resa, arde ancora l'incendio.
Rino Mele, saggista, poeta, docente di storia del teatro e dello spettacolo all'Università di Salerno
Meravigliosa poesia di guerra!
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