Giuseppe Filosa. Un maestro di bottega nel XXI secolo (di Nanni Spina e Delia Dattilo)




Da un certo punto della storia contemporanea in poi, la reazione individuale e collettiva a una certa cosa, in un certo momento è andata definendosi sul principio dell’ anti-qualcosa. Mafia / Antimafia. Fascismo / Antifascismo. È sembrato questo l’unico modo, l’unica rivalsa – nel covo dell’omologazione – per attribuire a qualcosa, che stia al di là degli stereotipi, il valore. Questo valore risiede nell’intelletto, nella capacità personale di riuscire a indagare il mondo, ancora una volta —che cosa antica, che vezzo permanente!— e determinarlo in base alle leggi dell’oratoria o semplicemente le regole della sintassi: soggetto/predicato/complemento. Uno o più individui fanno una cosa in un dato momento, perché solo in quel dato momento – e visti i precedenti – questa cosa poteva accadere.


Il fallimento dell’ anti-qualcosa è nell’ampiezza della sua condivisione. Ok, l’iperrealismo per me non funziona e non ha funzione collettiva: non ha senso esprimersi solo attraverso dei virtuosismi, tramite una tecnica inversa: dipingendo sulla scorta di un dato fotografico. Quindi sono “anti-iperrealista”. Magari molte altre persone condividono questo pensiero e anche loro si chiedono che senso abbia riportare un frammento di verità, con l’aggiunta di un tocco morboso che scende nel dettaglio dei tessuti dell’epidermide, senza tuttavia coglierne il marcio, il brutto, lo sporco, ma solo la perfezione dell’intreccio nella trama di un viso. È una censura a tutti gli effetti.
Ma cosa l’ anti-qualcosa ha da opporre? Il nostro pensiero è che la prima cosa da fare quando si parla è assicurarsi che le parole abbiano un senso condiviso quanto più possibile da una moltitudine di persone. Pertanto ritengo non ha più senso dire artista o dire opposizione. Sono parole obsolete caricate di un senso che non è più. Mutano ma cambiano. Amore è un termine antichissimo, nei secoli è mutato ma non è cambiato, perché il senso dell’amore è sempre lo stesso per tutti, sebbene cambino le sue forme.
Artista e opposizione sono due termini obsoleti carichi di tanti significati quanti sono gli individui in grado di pronunciarli: troppi. Sono parole alienate da una società alienata. Nulla di utile. L’Anti-creatività proposta da Massimo, invece, sembra essere utile per ristabilire una connessione reale, fisica, vocale, sonora fra persone che si fanno carico, responsabilità, insieme a Massimo, di argomentare le idee, convergere se possibile, indagare a tutto tondo. Un’azione utile.
Questa piccola e incompleta monografia coinvolge un artista che si è opposto – nel senso più condiviso dei due termini. Filosa è stato principalmente un uomo, con la sua vita e le sue difficoltà, secondariamente un individuo che si è saputo – e continua a sapersi – esprimere con un linguaggio utile che è mutato ma non è cambiato. In lui sopravvive dell’artista la capacità di rivelare ciò che si conosce secondo le prospettive della fantasia e della bellezza, in opposizione – da sempre! – alle logiche dell’arte del concetto che non è niente se il concetto espresso non è condiviso, utile anche solo a produrre il sogno. Questa sua opposizione non è sorta dal nulla, ma si è costruita sulla base dell’esperienza esistenziale, della consapevolezza storica. È arte poiché la vita e la storia dialogano incessantemente parlando il linguaggio della fantasia, del sogno e della bellezza – lingue comuni a tutti gli uomini e le donne.
Dietro il paravento dell’arte concettuale si sono nascosti centinaia, e continuano a nascondersi, oggi, milioni di “artisti”. Questa comunità di individui solitari che operano da soli con gli strumenti della forma, del suono e del colore, riflettono la loro condizione – che ahimè va ben oltre l’alienazione – ma non si oppongono ad essa. Utilizzano il “non espresso”, il “non esplicabile”, il “non dicibile” per occultare un vuoto che è un dato di fatto. Le immagini virtuali sono il presente e forse resteranno futuro per un po’ di anni – chi lo sa – e il loro compito è forse quello di offrire una prospettiva che non si trova in natura, che non si tocca con mano né si può scorgere con gli occhi. Chi gestisce un’immagine sa quale sia la prospettiva (l’unica!) secondo cui mostrare un oggetto: chi sta dall’altra parte non può scegliere perché mancando la fantasia, come presupposto della creazione delle forme, ha solo una verità censurata innanzi a sé.

Allora il concetto, l’immagine virtuale (le ombre platoniche) debbono necessariamente essere create da individui riservati, modesti, tendenti alla saggezza e al dialogo, dagli studiosi, da chi si impegna a mettere l’individuo che è a fianco all’individuo che non è per provare a capire quale sia la migliore delle prospettive possibili – visto che ancora è la prospettiva a dover necessariamente utilizzare.
Sta morendo l’artista e sta morendo l’opposizione, perché la vanità (dove tutto ciò che esce fuori torna dentro e perché non si oppone a se stesso e soltanto in se stesso trova il nutrimento), la vanità, offerta (apparentemente) a poco prezzo, cheap, free download, messa a disposizione di tutti dai mezzi di comunicazione, prende fatalmente il sopravvento sull’idea condivisibile, sul fatto comunità, le recide le radici, la scontorna, la suddivide in tanti minuscoli brandelli e li sparpaglia in modo che non possano più ricomporsi in un organismo sociale.
Filosa non è un individuo vanitoso, perché è cresciuto in anni in cui l’ego non aveva ancora nessuno strumento per poter fare deserto attorno a sé. A questa condizione della storia passata si aggiunge certamente una qualità individuale – solo sua – per cui non si sente mai l’artista parlare delle sue opere, ma lo spettatore fare le sue domande più che sull’arte sulla vita. Perché Filosa e la sua arte sono vitali, parlano della vita e delle cose che succedono, che sono le uniche cose che, in fondo, conosciamo a questo mondo. L’amore, la fantasia, la fame, la nostalgia, l’infanzia, l’adultità, la vecchiaia, l’abbandono.
Filosa ha visto mutare la Calabria, ma l’ha vista persino cambiare per sempre.
L’idea di registrare su fotogrammi una parte della sua esperienza è importante per chi c’è ora e per chi verrà, perché si sappia che fino a oggi – fuori dalla virtualità, nella vita vera che ancora c’è ed è un fatto! – esiste un artista e un opposizione.

Non sappiamo se il risultato di queste registrazioni sia la cosa migliore, se il metodo di raccolta e trattamento dei dati-Filosa sia stato buono. Speriamo di sì. Certamente da questa parte si è cercato di sfruttare al meglio le competenze acquisite e di comprendere a fondo l’uomo.
Delia Dattilo

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