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Visualizzazione dei post da aprile, 2023

Piano solo (solo piano)

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  chioccio Dal suono simile a quello emesso dalla chioccia  quando cova o chiama i pulcini, parole pronunciate con “voce chioccia”,  un aggettivo  coniato  da Dante a partire dal verbo ‘chiocciare’   Talvin/Smagliature, Cosenza 1981

Blues di vetro

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Alfredo Pirri Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps 2018 - 2019 Ph. Paolo Semprucci 2007   Che cosa dobbiamo al vetro? Una certa ossessione dell'occhio all'interno del movimento e della parola Bisognerebbe farne la storia: qund'è che un bicchiere ha inventao il colore del vino? quand'è che il mondo  ha cominciato a sfuggirci lateralmente facendosi chiamare paesaggio? Personalmente, i miei debiti con il vetro sono tanti quanti i miei risentimenti - se non fosse che l'eccesso di un senso dà come scarto una diversa saggezza voglio dire: c'è sempre più vetro tra i miei occhi e le cose che amo Vorrei sapere da Borges, che è cieco, se ritiene che il vetro sia umano Marcello Walter Bruno Talvin foglio di poesia in eliografia numero zero Cosenza, Febbraio 1981  

Ancora sulle rate

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  Cost of living Il costo della vita  di Robert Sheckley   (che volentieri cifrerei come "una vita a rate") L'oggetto della satira è un futuro dominato dal consumismo e dal debito, tanto che è diventata prassi abituale indebitarsi accollando gli oneri alle generazioni future (insomma ai propri figli).  Il protagonista è il Signor Carrin. Nella sua giornata libera riceve in casa il rappresentante della  Avignor Electric, ditta da cui ha acquistato quasi tutti i modernissimi elettromestici che ha in casa. Durante il colloquio, Carrin impegna i primi trent'anni di guadagni del figlio per ripagare l'enorme  debito che ha contratto con la ditta e finisce per acquistare l'ultimo ritrovato: il Mastro-Operatore, una  specie di super intendente in grado di azionare tutti gli altri macchinari, permettendo al padrone di  casa quindi di schiacciare un solo bottone invece che diversi... Dopo che suo figlio e la moglie sono rincasati, Carrin si reca al lavoro, per il turno

In comode rate

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    Padre nostro, che sei nei cieli, scendi! Siediti, prendici e poi tienici, con le braccia possenti, sollevaci come solo i veri padri e ascoltaci come se tu fossi dentro, come se tu fossi. Esisti, resisti, insisti e poi insegna a fare uguale. Dacci il pane, dacci tempo, dacci un talento; oppure solo amore, consueto, consensuale, mansueto e congeniale, e che duri che non spergiuri che ci veda e che si veda, che ci creda. E liberaci dalla paura, dallo squillo del telefono di notte, dalle botte, dalle notti dei giorni, dal non essere capaci, dal sentirci meno belli, o inadatti o soli o inetti, dal non essere migliori, dal non sentirci tuoi figli tutti, dal non sentire i battiti, i nostri e quelli degli altri; dalle porte chiuse, dal non aprire. Liberaci dal male. Liberaci. Beatrice Zerbini In comode rate. Poesie d’amore (edito da Interno Poesia ) Photo: Philip Griffith